La vitamina D, al contrario della sua denominazione, è in realtà un ormone che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute.
Parte della vitamina D all’interno del nostro organismo può provenire dal cibo. Solitamente però si ottiene esponendoci qualche ora alla settimana alla luce del sole. Per questo ci fa dire che si tratta di un ormone.
Dobbiamo immaginare il percorso della vitamina come un’enorme rete di reazioni. Questa rete mostra una complessa interconnessione fra i meccanismi interni delle nostre cellule, il cibo che mangiamo e l’ambiente in cui viviamo.
Fonte scientifica:
Holick MF. Resurrection of vitamin D deficiency and rickets.J Clin Invest. 2006 Aug; 116(8):2062-72.
La vitamina D è costituita da un insieme di diversi pro-ormoni liposolubili ed è presente nell’organismo umano in 5 isoforme: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5. Di fondamentale importanza sono la vitamina D3 (colecalciferolo) che deriva dal colesterolo ed è sintetizzato dagli organismi animali e nell’uomo e la vitamina D2 (ergocalciferolo) che deriva dall’ergosterolo, di origine vegetale e viene assunto solo con l’alimentazione. Le due forme hanno attività biologica molto simile e possono essere considerate come precursori della forma attiva della vitamina D.
La vitamina D3 viene sintetizzata nella cute dalla conversione del 7-deidrocolesterolo a previtamina D3 a seguito dell’esposizione della cute a raggi ultravioletti di specifica lunghezza d’onda (UVB tra 290 e 315 nm).
All’interno dell’organismo la vitamina D3 viene trasformata in due metaboliti:
Il 1,25(OH)2-D rappresenta la forma effettivamente attiva nel corpo umano, responsabile di tutte le proprietà biologiche della vitamina D3, mentre i livelli nel sangue di 25(OH)-D vengono di norma presi come valori di riferimento per la diagnosi di situazioni di sufficienza, insufficienza o deficit/carenza di gravità variabile (ipovitaminosi D).
La forma superattiva una volta prodotta sopravvive solo per 6-8 ore. La nostra riserva di vitamina D, invece sopravvive per venti o più giorni. Questo dimostra un’importante principio, tipico di questo genere di reti: l’attività è di gran lunga maggiore, la durata di vita è minore e quindi si ha una produzione finale di 1,25(OH)2-D inferiore ma con un sistema molto più reattivo.
In questo modo si mantiene una scorta adeguata di vitamina D nel nostro serbatoio (fegato e grasso corporeo), così da produrre solo la giusta quantità al momento giusto per il suo importantissimo lavoro.
La vitamina D3 e la vitamina D2, introdotte con i cibi o con integratori alimentari, vengono assorbite a livello dell’intestino, attraverso un processo di trasporto passivo analogo a quello delle altre vitamine liposolubili. Una volta arrivata nel primo tratto dell’intestino tenue (duodeno), la vitamina D viene inclusa in vescicole formate da aggregati di lipidi idrolizzati dagli acidi biliari e, in questa forma, attraversa l’epitelio intestinale, dove viene incorporata in altre vescicole chiamate chilomicroni, successivamente trasferite nella circolazione linfatica e, quindi, in quella sanguigna generale.
La vitamina D è indispensabile per supportare un’ efficiente assorbimento intestinale dei due minerali fondamentali per la formazione delle ossa e dei denti, ossia il calcio (Ca) e il fosfato (P).
I livelli di calcio e fosfato nel sangue sono regolati, oltre che dalla vitamina D, anche da altri due ormoni:
È quindi piuttosto evidente che la carenza di questa vitamina-ormone è la causa principale dell’osteoporosi, una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da una diminuzione della massa ossea e da un deterioramento della micro architettura del tessuto osseo, tale da indurre maggiore fragilità e conseguente rischio di fratture.
La vitamina D è molto più di quello che l’informazione vuole rappresentare.
Avendo un’azione più simile a quella degli ormoni ha la capacità di modulare l’espressione genica. Sappiamo che esistono dei recettori (VDR o recettori della vitamina D) all’interno di diversi tessuti, quali tessuto adiposo, cuore, cervello, ipofisi, colon, placenta, ovaio, prostata, cute, cellule intestinali, stomaco, rene, testicolo, polmone e tiroide, a cui la vitamina si lega ed interagisce innescando la sintesi di proteine caratterizzate da attività ben definite.
L’azione di maggiore interesse per la scienza riguarda il nostro sistema immunitario, dove la vitamina D ha un ruolo fondamentale.
Il sistema immunitario è un sistema molto complesso composto da diverse tipologie di cellule predisposte ad uccidere qualsiasi anti-gene (virus, batteri, funghi) che attaccano il nostro corpo o le nostre cellule che si trasformano in cellule malate producendo sostanze altamente infiammatorie (Interleuchine, citochine e simili).
In questo sistema, la vitamina D ha il compito di verificare che le cellule del sistema immunitario (linfociti e cellule dendritiche) svolgano il proprio compito correttamente, e lo fa grazie ai recettori presenti sulle cellule, al quale la vitamina D si lega determinando il comportamento.
Da ciò si deduce che la carenza di vitamina D causa una insufficiente risposta immunitaria verso le invasioni batteriche e una risposta immunitaria eccessiva nei confronto delle nostre cellule provocando malattie autoimmuni (diabete di tipo 1, la sclerosi multipla (MS), l’artrite reumatoide (RA) e la malattia infiammatoria intestinale (IBD)) o verso sostanze Not Self (allergie).
Oltre alla nota correlazione tra bassi livelli di vitamina D e malattie alle ossa come rachitismo, osteomalacia e osteoporosi, la carenza di questa vitamina è anche correlata ad altre differenti patologie che possono compromettere il suo metabolismo, la sua biodisponibilità o la conversione al suo metabolita attivo. Troviamo:
Fonte scientifica: Holick MF. Vitamin D deficiency in 2010: Health benefits of vitamin D and sunlight: a D-bate. 2011. Nature Reviews Endocrinology 7, 73-75.
I cibi comunemente inseriti nella dieta, in generale, non rappresentano buone fonti di vitamina D. Tuttavia, un consumo regolare di quelli che ne sono più ricchi può, in parte, contribuire a controbilanciare l’insufficiente produzione di vitamina D3 da parte della pelle nei periodi di minore esposizione al sole, come in inverno o quando non si può passare abbastanza tempo all’aria aperta durante il giorno a causa di malattie, condizioni metereologiche sfavorevoli, impegni professionali ecc.
Tra gli alimenti che contengono le maggiori quantità vitamina D ricordiamo: alcuni tipi di pesce come salmone, aringa, sgombro, sardine e in generale tutti i pesci dei mari del Nord, ricchi anche di grassi omega-3 benefici per il sistema nervoso e l’apparato cardiovascolare, il fegato di suino, il latte e lo yogurt interi, il burro e le uova.
La principale fonte vegetale di vitamina D è, invece, rappresentata dai funghi, mentre la verdura e la frutta ne contengono molto poca e sempre nella variante meno biodisponibile (vitamina D2).
Nella seguente tabella è riportato il quantitativo di vitamina D negli alimenti che ne sono più ricchi.
Abbiamo detto che è possibile aumentare la quantità di vitamina D nel sangue semplicemente esponendoci al sole. Purtroppo però la carenza di questa vitamina è particolarmente frequente in Italia, soprattutto negli anziani e nei mesi invernali. L’86% delle donne italiane sopra i 70 anni presenta concentrazioni di 25(OH)-D <25 nmol/L alla fine dell’inverno e questa rilevazione assume aspetti drammatici nei soggetti istituzionalizzati o con comorbidità, sia per la scarsa esposizione solare che per squilibri dietetici.
Fonte scientifica: Sabrina P. et al. Vitamin D: clinical and laboratory aspects. biochimica clinica, 2017, vol. 41, n. 1. 10.19186/BC_2017.001
E`infatti stato dimostrato scientificamente che la latitudine incide molto sulle concentrazioni di vitamina D attiva: nell’emisfero boreale le comunità che vivono più a nord tendono a soffrire maggiormente di diabete di tipo 1, di sclerosi multipla, di artrite reumatoide, di osteoporosi, di cancro e altre malattie.
La carenza dipende anche da altri due fattori, l’obesità e l’acidosi. Infatti gli adipociti trattengono la vitamina D impedendo al corpo di utilizzarla. Quindi più si è obesi e maggiore è la necessità di aumentare la produzione di vitamina D o di fare integrazione.
Infine l’acidosi tissutale, che può essere dovuto al consumo elevato di carne e lattici che acidificano l’ambiente, promuove la distruzione della vitamina ad opera dei reni, perché questa patologia richiama calcio nel sangue per correggere l’acidosi.
Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia a seconda dell’età.
Gli importi medi giornalieri raccomandati sono elencati di seguito in microgrammi (mcg) e unità internazionali ( UI ):
L’esposizione ai raggi solari è uno dei fattori più importanti per favorire la sintesi della vitamina D, ma come abbiamo detto non sempre è sufficiente.
Le piante medicinali in questo campo ci vengono in aiuto. Esistono piante medicinali come la Berberis aristata e Sylibum marianum che facilitano l’assorbimento di questa vitamina garantendo una corretta salute intestinale.
Sono piante segnalate anche in diversi studi per il trattamento dell’osteoporosi, in quanto hanno dimostrato di prevenire la perdita ossea.
Non dimentichiamoci che una disfunzione nell’assorbimento dei nutrienti, compresa la vitamina D, è dovuta anche ad un’alterazione del microbita intestinale che svolge diverse funzioni, tra qui quella di aiutare il nostro organismo, in questo caso il nostro intestino, ad assorbire tutti i macro e micronutrienti utili. Ecco che è importante assumere anche integratori alimentari con fermenti lattici vivi (probiotici), poiché ci aiutano a ripristinare l’equilibrio.
Questo articolo è stato scritto con riferimento alle seguenti fonti scientifiche:
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